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Bobby Zamora condanna l'Arsenal alla sconfitta, ed è solo l'inizio... |
Il titolo
della rubrica, A Day To Forget, impedirebbe
di fare di tutta l’erba un fascio ma per quanto visto durante quel maledetto
mese di Gennaio 2012, é impossibile scegliere un solo momento da dimenticare –
tutte e tre le partite giocate in Premier League in quei 31 orrendi giorni sono
state difficili da digerire, soprattutto visto il contesto: i Gunners – dopo un inizio di stagione
deludente – avevano appena ripreso fiato con una rimonta impressionate e da
molti insperata; avevano scalato posizioni su posizioni fino a portarsi di
nuovo in contatto zone più consone al blasone del Club ed ecco che in un
colpo solo viene tutto cancellato.
Prima la
beffarda sconfitta di Craven Cottage, casa del Fulham, dopo essere passati in
vantaggio e aver controllato le avanzate dei padroni di casa senza eccessivi
patemi; é stata sufficiente una stupida doppia ammonizione rimediata da Johan
Djourou per aprire le dighe agli attacchi dei Cottagers: tra l’ottantacinquesimo ed il novantesimo minuto prima
Sidwell poi Bobby Zamora hanno trovato il modo di far capitolare la resistenze
dei Gunners, rispedendoli a casa
senza punti in tasca.
Al di là della
sconfitta, fà rabbia la maniera in cui i giocatori di Arsène Wenger si sono
fatti dominare fisicamente dagli avversari – Zamora in particolare – senza
trovare il modo di arginare questo strapotere fisico; inoltre, l’ennesima
espulsione della stagione fà riaffiorare i problemi di disciplina e tenuta
nervosa di van Persie e compagni, troppo spesso ridotti in inferiorità numerica
per ingenuità o impetuosità.
Serve
maturità, al più presto.
L’esame di
riparazione arriva due settimane dopo al Liberty Stadium, contro il
sorprendente Swansea di Brendan Rodgers: i gallesi sono in una situazione di
classifica piuttosto tranquilla, stanno smentendo tutti i bookmakers
veleggiando verso una salvezza tanto comoda quanto insperata.
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Danny Graham esulta, altra delusione per i Gunners |
L’Arsenal
invece ha sete di punti, ha bisogno di continuare quella rimonta disperata
verso le zone europee della classifica e possiede soprattutto qualità tecniche
tali da poter fare un sol boccone degli Swans; l’inizio infatti promette molto
bene, Robin van Persie trova immediatamente il varco giusto alle spalle dei
difensori e fà secco l’incolpevole Vorm con un tiro potente e preciso. Uno a
zero per i Gunners, partita apparentemente in discesa.
Apparentemente,
appunto, perchè lo Swansea inizia a toreare con il centrocampo dell’Arsenal e nascondere
il pallone agli avversari – costringendoli a correre a vuoto: la conseguenza é
facilmente immaginabile, i padroni di casa trovano il pareggio grazie ad un
rigore (generoso) accordato quando Dyer viene in contatto con Aaron Ramsey all’interno
dei sedici metri.
Nonostante
qualche ghiotta occasione, l’Arsenal soffre tremendamente il ritmo degli avversari, le loro geometrie e
soprattutto la loro grande determinazione – mai eguagliata dai Gunners durante
tutti i novanta minuti. Lo Swansea trova quindi il meritato gol del vantaggio,
grazie alla rete dello scatenato Nathan Dyer, e sembra sul punto di seppellire
definitivamente i sogni di rimonta quando – dal nulla – Theo Walcott viene
imbeccato da Johan Djourou e supera il portiere Vorm con un delicato
pallonetto.
Due pari, l’Arsenal
trova un pareggio assolutamente inatteso (e forse immeritato) ma non riesce a
comportarsi da grande squadra e approfittare di questo enorme regalo –
lasciando invece che lo Swansea trovi il nuovo sorpasso.
Sessantasette
secondi dopo il gol di Walcott – SESSANTASETTE SECONDI – sia Mertesacker che
Koscielny si addormentano e lasciano che
Danny Graham s’involi tutto solo verso la porta di Wojciech Szczesny e lo
trafigga con un preciso destro incrociato.
Tre a due per
i padroni di casa, un’altra occasione buttata al vento da un Arsenal immaturo e
sbadato.
Con il morale
sotto i tacchi e tanti dubbi nella testa, una settimana più tardi l’Arsenal si
appresta a ricevere il Manchester United, quel Manchester United che ad inizio
stagione aveva strapazzato i Gunners con un sonoro otto a due ad Old Trafford.
Ci sarebbe
spazio per una vendetta, ci sarebbe modo di cancellare l’onta della partita di
andata e in generale tutto questo periodo cupo, ma gli avversari non sono certo
di passaggio a Londra per una passeggiata: da una parte ci sono Rooney, Nani,
Valencia e Giggs – gente che ha già (purtroppo) espuganto l’Emirates Stadium
diverse volte.
E per quanto
le speranze possano volare alte, la realtà ci dice chiaramente che tra le due
squadre c’è un divario.
Un abisso, a
dirla tutta.
Ed infatti
ecco che i Red Devils prendono in
mano lo spartito e costringono l’Arsenal a rincorrere, ad annaspare fino al
crollo, al minuto quarantacinque: cross dell’eterno Giggs, colpo di testa
facile per Antonio Valencia sul palo lontano e Manchester United in vantaggio a
casa dei Gunners.
Nonostante lo
svantaggio, i ragazzi di Arsène Wenger rientrano dagli spogliatoi con una
carica ed una determinazione più che benvenute che costringono gli uomini
di Sir Alex Ferguson a rivedere i propri piani di dominio; Johan Djourou, messo
in croce da Giggs per tutto il primo tempo, viene sostituito dal giovane Nico
Yennaris ed ecco che la fascia destra dei Gunners diventa immediatamente più
solida, togliendo spazi alle avanzate degli avversari; il centrocampo ritrova
coesione e ritmo, recuperando palloni su palloni e migliorando sensibilmente la
distribuzione; soprattutto in attacco c’è quel ragazzino che sta facendo
impazzire Rafael con accelerazioni e qualsiasi sorta di trucco: si chiama Alex
Oxlade Chamberlain, non ha ancora 18 anni e trova da solo il modo di far
esplodere l’Emirates Stadium al minuto settanta, quando da sinistra taglia
verso l’area di rigore e inventa un sublime passaggio filtrante, trasformato
nel gol del pareggio dal puntuale van Persie.
Uno a uno, l’Emirates
é di nuovo una bolgia.
Si torna timidamente
a sperare in una clamorosa vittoria quando una scelta di Arsène Wenger dalla
panchina manda gli spettatori su tutte le furie: fuori Chamberlain, dentro
Arshavin.
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Antonio Valencia batte Vermalene e Szczesny, altra sconfitta in arrivo... |
Gli ululati
dagli spalti diventano assordanti, i commenti dei cronisti sono a metà tra lo
stupore e lo smarrimento e perfino il capitano dei Gunners, immortalato da una delle tante telecamere puntate sul
terreno, si lascia andare ad un grido di disappunto.
Difficile a
dirsi, ma quello assomiglia tremendamente ad un segno di resa: fuori il
giocatore più vivace e intraprendente e dentro il folletto
russo, da qualche mese piuttosto deludente.
Mancano
quindici minuti al termine, l’Arsenal potrebbe ancora credere alla vittoria
finale ma sembra che qualcosa si sia rotto all’interno della squadra – sembra che
la manovra non sia fluida come all’inizio della ripresa; il Manchester United
fiuta l’occasione, sente che l’avversario sta perdendo convinzione e decide
quindi di rituffarsi in attacco.
Anche
Ferguson, dalla panchina, porta il suo contributo all’assalto finale togliendo
il subentrato Rafael – ormai inutile vista l’uscita di scena di Chamberlain – e
mette dentro il jolly Park per aumentare la pressione sulla difesa dell’Arsenal.
La mossa
funziona alla grande, purtroppo: a meno di dieci minuti dalla fine della
partita, Antonio Valencia scappa ancora una volta sulla corsia di destra e mette
il pallone al centro per Danny Welbeck, bravo e fortunato nel superare Wojciech
Szczesny.
Arriva il
triplice fischio finale, per fortuna la stagione é ancora lunga e l’Europa non
é troppo lontana.
Per fortuna,
questo maledetto Gennaio é finito.