Le ultime due
prestazioni, lungi dall’essere eccezionali, hanno fatto sorgere qualche dubbio
sul reale impatto che Mesut Özil potrebbe avere sulla corsa a nuovi successi da
parte dell’Arsenal.
Le prime
scintillanti apparizioni con la maglia dei Gunners hanno sistemato l’asticella
troppo in alto perfino per uno con il suo talento e l’enorme prezzo pagato da
Arsène Wenger per assicurarsi la presenza del tedesco in squadra poi non ha
certo aiutato perché – visti i 42.5m di sterline versati – ci si aspetta
giocoforza che Mesut Özil sia decisivo in ogni partita – un’utopia.
Fino a qui il
centrocampista tedesco ha comunque messo insieme 5 assist e 3 gol in 12
partite, un bottino niente male soprattutto per un giocatore che mette piede in
Premier League per la prima volta in assoluto.
E qui viene il
bello perché proprio in base a questo voglio scomodare un paragone molto illustre.
Come sempre
sostenuto da Arsène Wenger, ogni giocatore che arriva da un campionato estero
ha bisogno di almeno sei mesi per adattarsi alle esigenze della Premier League
inglese e nemmeno uno del talento di Mesut Özil è esente da ciò; a memoria
d’uomo, gli unici quattro giocatori capaci di avere un impatto immediato al
loro debutto in Premier League sono stati Santi Cazorla, Bacary Sagna, Robert
Pires e Thomas Vermaelen, mentre tutti gli altri hanno faticato – chi più, chi
meno – prima di imporsi: ricordate le prime apparizioni di Laurent Koscielny,
Per Mertesacker e Olivier Giroud? Perfino Thierry Henry ha avuto bisogno di tempo prima di mostrare tutto il proprio talento!
Il Mesut Özil
che vediamo in campo in questo momento non è quindi che una porzione del
giocatore che potremmo vedere in campo tra qualche mese, una volta che i
meccanismi saranno maggiormente oliati e che saprà padroneggiare i ritmi della
Premier League: esistono infatti tanti
piccoli dettagli che ci raccontano come il tedesco non sia del tutto integrato
nel contesto, soprattutto per come non metta mai il piede in un contrasto, come
cada facilmente cercando il supporto dell’arbitro e come – più in generale –
sembri sempre fisicamente sovrastato da qualsiasi avversario.
Peccati
veniali, soprattutto per uno come lui che non è mai stato abituato a far uso
del proprio fisico, che però al momento mitigano il giudizio generale che si dà
alle sue prestazioni.
Peccati che
però erano comuni anche ad un altro giocatore dell’Arsenal, senza dubbio il
migliore nel suo ruolo ad avere mai vestito la maglia dei Gunners: Dennis
Bergkamp.
Proprio come
il tedesco, Dennis Bergkamp lasciava sempre quella stessa impressione di
latitanza durante i momenti più caldi delle partite e raramente lo si vedeva
lottare per il possesso del pallone; pochi minuti dopo, però, eccolo ricevere
il pallone e nasconderlo agli avversari, portarlo lontano da zone pericolose o
inventare una giocata decisiva.
Anche
l’olandese (non a caso soprannominato “la
bella Denise”ai tempi dell’Inter”) ha avuto bisogno di tempo e solo dopo
molti mesi lo si è visto usare braccia e spalle per difendersi, completando
così la trasformazione in una leggenda del calcio britannico in toto.
Anche Mesut
Özil è destinato a compiere quel piccolo sforzo in più, è solo una questione di
tempo prima che il tedesco risponda colpo su colpo ai vari Lee Cattermole,
Cheik Tioté o Marouane Fellaini e raccolga finalmente l’eredità che finora
nessun numero dieci – di nome o di fatto – abbia saputo prendersi in casa
Arsenal.
Quando la
primavera arriverà, ci sarà da divertirsi con Mesut Özil a fare il Dennis
Bergkamp e Theo Walcott (più di Olivier Giroud) a fare il Thierry Henry.
Chissà cosa ne
pensano le difese avversarie...
COMMON
ARSENAL!
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