
Difficile
commentare una sconfitta come quella rimediata ad Anfield.
Francamente
non immaginavo che la sfida di Liverpool potesse finire in questo modo – o meglio
cominciare in questo modo.
Un gol (in
fuorigioco, va detto) dopo cinquanta
secondi; il secondo dopo nove minuti; il terzo dopo sedici minuti; il
quarto dopo diciannove minuti.
La partita è
finita dopo venti minuti, mandata in archivio come la peggior prestazione
fornita dagli uomini di Arsène Wenger dalla famosa batosta di Manchester e
quell’otto a due che ancora oggi pesa come un macigno.
A livello
tecnico non si salva nulla, dal manager all’ultimo dei subentranti – quindi c’è
poco di cui dibattere.
A livello
individuale i soli Jack Wilshere e Alex Oxlade-Chamberlain hanno mostrato
almeno un pizzico di grinta, mentre sulla sponda opposta si sono raggiunti inimmaginabili
apici di passività con Mesut Özil, apparso più che svogliato e uscito dalla
partita dopo il secondo gol dei padroni di casa – cioè dopo nemmeno dieci
minuti.
L’aspetto
tattico e quello mentale sono gli unici che ci offrono un vero spunto di
riflessione ed e quindi su questi che voglio esprimere qualche concetto: al di
là del pessimo approccio avuto dalla squadra nonostante il monito di Arsène
Wenger, l’Arsenal (non) sceso in campo ad Anfield è caduto in maniera
incredibilmente ingenua nella pur banale trappola costruita da Brandon Rodgers.
Il manager del
Liverpool ha chiesto ai suoi di aggredire principalmente due dei giocatori dell’Arsenal,
ovvero Mikel Arteta e Mesut Özil – cioè i due registi della squadra avversaria;
in questo modo la squadra avversaria risultava spaccata in due e quindi
vulnerabile agli attacchi rapidi del trio offensivo scelto dall’ex manager
dello Swansea.
Impedendo a
Mikel Arteta di conservare il pallone e avviare le manovre dalla propria
trequarti e chiudendo gli spazi a Mesut Özil sulla trequarti, il Liverpool si è
assicurato un’ottima base sulla quale lanciare i contropiedi fulminanti che
hanno demolito la difesa dei Gunners ad
ogni occasione – risultando (per fortuna) in soli cinque gol incassati.
Con i terzini
in proiezione offensiva e quindi i due centrali difensivi scoperti, l’Arsenal
si è spesso ritrovato a perdere palla sulla trequarti offensiva e permettere a
Luis Suarez, Daniel Sturridge, Philippe Coutinho e Daniel Sturridge d’involarsi
in solitudine contro una linea difensiva incompleta e impreparata; come
successo contro il Manchester City, la squadra ha giocato a visto troppo aperto
contro un avversario il cui contingente offensivo ha bisogno di enormi spazi
per fare male, creandosi così enormi problemi contro una squadra che già di per
sé sarebbe stata pericolosa.
Una strategia
quasi suicida, soprattutto se a livello offensivo non si è capaci di creare
alcun pericolo per la retroguardia avversaria: nessun tiro in porta nel primo
tempo, un rigore trasformato da Mike Arteta e qualche altro timido tentativo
nella ripresa – a partita ampiamente finita – sono lì a testimoniare il fatto
che nulla ha funzionato in casa Arsenal.
Se a livello
tattico siamo stati quindi completamente surclassati, a livello mentale abbiamo
reagito in maniera composta ad una sonora scoppola e abbiamo mantenuto la mente
fredda abbastanza per evitare esplusioni, reazioni scomposte e altri guai: con
caratteri fumantini come Jack Wilshere, Mesut Özil, Olivier Giroud e Laurent
Koscielny, è già una cosa positiva.
Il vero test a
livello mentale comincia tuttavia ora, perché il modo in cui è arrivata la
sconfitta ad Anfield (più che la sconfitta in sè) fa sorgere tante domande alle
quali i giocatori sono chiamati a rispondere mercoledì sera contro il
Manchester United, in una di quelle sfide che finiscono sotto la categoria “senza
appello”.
L’avversario,
per quanto in enormi difficoltà, metterà in campo il meglio delle proprie
qualità e – per una strana coincidenza – arriverà all’Emirates Stadium senza
alcuna pressione, potendo invece approfittare della tensione che con ogni
probabilità serperggerà tra i giocatori dell’Arsenal.
Uno scenario
pessimo, al quale si aggiunge l’insicurezza derivante dal fatto che in questa
stagione abbiamo sempre faticato nei match che contano, con le sole eccezioni
di Tottenham e Liverpool in casa.
D’altra parte,
però, partite come quella di mercoledì sera rappresentano l’occasione ideale
per togliersi qualche sassolino dalle scarpa e zittire i catastrofisti di
professione, sarà perciò interessante vedere se la squadra reagirà con forza
oppure verrà divorata dalle proprie insicurezze.
Alcuni dei
protagonisti – Alex Oxlade-Chamberlain, Mikel Arteta e Per Mertesacker - a
parole si sono già espressi in maniera egregia, ora non resta che far parlare
il campo.
Uno schiaffo
come quello preso da casa del Liverpool ci aiuterà a capire che non siamo
speciali né migliori degli altri se non quando lavoriamo in maniera unita e
solidale come fatto fino a qui.
Forse l’aria
rarefatta dell’alta classifica ha leggermente annebbiato la vista a qualcuno
degli uomini di Arsène Wenger, è ora quindi di scrollarsi di dosso l’eventuale
eccesso di autocompiacimento e tornare a lavorare sul campo, come fatto fino a
qui.
Detto questo,
ricordiamo però che essere inguardabili occasionalmente non equivale ad essere
inguardabili tout-court.
C’è una bella
differenza.
La partita a
casa del Liverpool ci ha confermato che possiamo essere una squadra
imbarazzante, è sufficiente dimenticare anche per soli venti minuti cosa ci ha
resi così straordinari fino a qui.
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