Sabato
pomeriggio arriva il Manchester United, però siccome non è salutare cominiciare
ad accumulare tensione già 72 ore prima della partita, eccovi servita una
seconda puntata della rubrica che tanto avete apprezzato un paio di giorni fa.
Cari Gooners,
qui si sale di livello.
Se siete
riusciti ad elaborare con successo la massa di pessimi ricordi che i nomi di
Kaba Diawara, Richard Wright, Christopher Wreh, Francis Jeffers e Pascal Cygan
hanno riportato a galla, allora siete pronti per una nuova prova.
Se invece
siete ancora sotto shock in seguito alle visioni spaventose della pelata del
francese (o piuttosto dei suoi lisci), allora temo che la vostra psiche non
sarà abbastanza forte per il seguito di questo post.
Igors Stepanovs, il fantasma di Old Trafford
Che fai quando
devi sostituire il tuo miglior difensore, continuamente tormentato dagli
infortuni? Non potendo contare su sostituti pronti già presenti in squadra,
esplori il mercato alla ricerca dell’uomo giusto.
Possente
fisicamente, già abituato a sfide di grande livello e con una naturale
propensione al comando – questo l’indentikit che Arsène Wenger ha comunicato ai
suoi osservatori.
Detto, fatto,
ecco che arriva il nome tanto sospirato: Igors Stepanovs. Chi?
Ma sì, quel
difensore lettone dello Skonto Riga che ha tanto impressionato in Europa contro
Chelsea, Inter e soprattutto Barcellona. Centonovantadue centimetri di potenza,
comandante indiscusso della difesa dello Skonto Riga e della Nazionale lettone,
Igors Stepanovs è il prescelto.
Il debutto non
è niente male, le prime prestazioni incoraggianti nonostante sia chiamato a
sostituire Tony Adams e quindi qualcuno a Londra si sfrega le mani. Troppo
presto, purtroppo.
Le mani se le
sfregheranno molto di più Sir Alex Ferguson e Dwight York il 25 Febbario 2001.
Sei a uno per
i Red Devils, il nostro eroe è colpevole di ognuna delle marcature avversarie –
più o meno gravemente: disorientato da un velo di Scholes per l’apertura delle
marcature, fuori posizione in occasione del raddoppio, liscio tragicomico per
il terzo gol, intervento a vuoto su Yorke che s’invola ad ispirare il quarto,
bruciato sul tempo da Solskjaer che mette a segno il quinto e infine chiusura
in netto ritardo su Sheringham per il gol finale.
Da quel giorno
giocherà una sola partita fino alla fine della stagione e finirà col prendere
parte ad una decina di partite per i successivi tre anni, prima di essere
ceduto al Beveren e finire nell’oblio.
Si dice che, ogni
notte del 25 Febbraio, ad Old Trafford si possa ancora osservare il suo
fantasma che invoca invano un fuorigioco che non c’è.
Jun-Ichi Inamoto, la mascotte inutile
Il giapponese
non è assolutamente stato acquistato per migliorare l’immagine dell’Arsenal in
Giappone!
Come osate
avanzare ipotesi del genere?
Solo perché ha
giocato solo quattro partite – di cui solo due da titolare, in Carling Cup
contro Grimsby e Blackburn – nell’unica stagione passata a Highbury, dobbiamo
pensare che il suo ingaggio non fosse legato alle sue lampanti qualità fisiche
e tattiche?
In una squadra
che annoverava tra le proprie fila Patrick Vieira, Edu e Ray Parlour, la
fisicità di Inamoto era assolutamente indispensabile; allo stesso modo, le impareggiabili
qualità tecniche del giapponese erano ciò cui i Gunners avevano bisogno per
cambiare le partite, potendo disporre solo di Robert Pirès, Dennis Bergkamp e
Thierry Henry come menti (poco) creative della squadra.
Perché non ha
funzionato? Non saprei, il suo flop è un mistero su cui presto farà uno
speciale Adam Kadmon.
Manuel Almunia, il fenomeno (ma solo in allenamento!)
Chiedete a
Lionel Messi, Pedro, Xavi, Zlatan Ibrahimovic o Andrès Iniesta chi è stato il
portiere più difficile da battere: vi risponderanno Manuel Almunia, senza
dubbio.
Quando hai
davanti un portiere così, serve davvero a poco concludere a rete perché –
qualunque sia la tua scelta – lui intuirà le tue intenzioni e respingerà il
pallone.
Il 31 Marzo
2010 ha mostrato a tutto il mondo perché Manuel Almunia è il miglior portiere
di tutti i tempi, mettendo finalmente la parola fine alle ingiuste critiche
ricevute sistematicamente dallo spagnolo.
Non è in grado
di uscire in presa alta su un cross, e allora? È tanto importante per un
portiere sapere uscire sui cross e sui calci d’angolo? Non mi pare!
Non sa coprire
il primo palo, e quindi? Chi ha deciso che un portiere debba per forza coprire
il palo più vicino a sé e non quello lontano?
Adesso perché
un portiere non ne acchiappa una che sia una, è un bidone?
Quella
partita, quell’unica partita in sette anni di angosce e disperazione, non vi
hanno convinto della bontà della scelta di Arsène Wenger di riproporlo titolare
ogni settimana?
Mickaël Silvestre, il regalo avvelenato di Sir
Alex Ferguson
Seriamente, se
Sir Alex Ferguson volesse vendervi un innocuo tappeto – voi lo comprereste?
Io come minimo
controllerei il materiale con cui è stato fatto, la potenziale presenza di
agenti patogeni, la provenienza del prodotto, le possibilità che si tratti un
oggetto rubato e poi, anche fosse tutto in regola, per non rischiare non lo
comprerei comunque.
Perché mai
Arsène Wenger ha pensato che prendere Mickaël Silvestre dal Manchester United
potesse portare qualcosa di buono?
Definito un
fenomeno già ai tempi dell’Inter – dove formava una coppia spettacolare con
Ousmane Dabo – il difensore francese ha onorato alla grande la maglia numero 18
(portata da Grimandi e Cygan prima di lui...) e messo in mostra numeri degni
degli illustri predecessori.
Si racconta
che alla vigilia dell’ottavo di finale di Champions League al Camp Nou, Pep
Guardiola stesse nervosamente dando indicazioni ai propri giocatori, spronandoli
a non abbassare mai la guardia; quando all’improvviso qualcuno gli ha messo
sotto gli occhi la formazione ufficiale dell’Arsenal, nella quale ovviamente
brillava il nome di Mickaël Silvestre al centro della difesa, l’allenatore
catalano abbia trattenuto a stento un sorriso e sussurrato “...e vabbé, così
però è troppo facile.”
André Santos, dal Brasile col pancione
Qualcuno l’ha
incautamente definito un panic buy,
un acquisto alla disperata.
Nell’immediato
dopo partita dello storico 2-8 incassato ad Old Trafford, Arsène Wenger si è
finalmente deciso a rinforzare la linea difensiva dei Gunners.
Eppure
venivamo da un risultato positivo...
Assieme a Per
Mertesacker, diventato poi il nostro Big Fucking German, a Londra è sbarcato il
brasiliano André Santos – per lo meno una volta che le hostess sono riuscite a
far scivolare i suoi ampi fianchi oltre il portellone dell’aereo.
Ammetto di
essere stato contento dell’arrivo del brasiliano, pur consapevole dei limiti
difensivi del giocatore: dopo tutto, se compri un terzino sinistro brasiliano
non è certo per difendere, mi dicevo.
E infatti
avevo ragione.
Dalla metà
campo in su, vederlo giocare era un piacere.
Dalla metà
campo in giù, vederlo giocare era più che altro un miracolo.
Inetto nelle
chiusure, distratto nei rientri, illitterato in materia di diagonali, il
brasiliano è sempre stato sulla graticola nonostante un gol nella memorabile
vittoria per 5-3 a casa del Chelsea e qualche prestazione – ebbene sì –
positiva.
C’era nell’aria
la sensazione che bastasse un nulla per far definitivamente precipitare le
possibilità che il brasiliano avesse un futuro all’Arsenal, e la sensazione si
è trasformata in realtà quando il povero, ingenuo André Santos ha deciso di
scambiare la maglia con quell’attaccante olandese del Manchester United...quello
che sente le voci dei bambini nella sua testa...mentre stava ancora rientrando
negli spogliatoi a fine primo tempo. Apriti cielo!
Già sarebbe
bastata la pessima prestazione offerta dal terzino nei primi quarantacinque
minuti per spedirlo al mittente, con lo scambio della maglia il povero André
Santos si è imbarcato da solo sull’aereo di ritorno verso il Brasile.
Rimpianti? Si,
uno. Non c’è più nessun giocatore all’Arsenal che veste la mia stessa taglia di
divisa.
Mi faceva
sentire bene...
Alla prossima
puntata Gooners, (purtroppo) non è finita qui.
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