
Lukas Podolski
è passato all’Inter, il trasferimento è stato ufficializzato
dall’Arsenal nella giornata di ieri.
Il tedesco è
stato ceduto in prestito oneroso (seicentomila euro più bonus per altri
centocinquantamila) fino alla fine della stagione, tuttavia il suo percorso con
i Gunners sembra definitivamente terminato.
L’Inter di
Mancini ha vinto la corsa, cui partecipavano anche Galatasaray e una non meglio
specificata squadra tedesca, e dispone di un’opzione d’acquisto sul tedesco –
tuttavia non è impossibile che Lukas Podolski finisca altrove una volta
rientrato dal prestito.
I numeri
parlano chiaro, con 31 gol in 82 partite il tedesco è certamente uno degli
attaccanti più prolifici a disposizione di Arsène Wenger: perché cederlo,
quindi?
La questione è
aperta e le opinioni, come giusto, divergono sensibilmente; personalmente,
credo che Lukas Podolski non abbia mai voluto – incosciamente – fare il salto
di qualità e diventare quel giocatore che in tanti pensavano sarebbe potuto
diventare. Premiato quale miglior giovane in occasione del Mondiale 2006,
appena 21enne, e fresco nuovo acquisto del Bayern Monaco, Lukas Podolski pareva
dover essere il trascinatore del calcio tedesco per il decennio successivo.
Pareva, perché
il primo impatto col calcio di altissimo livello non è stato tanto folgorante:
sette gol in trentadue partite alla prima stagione, poi dieci alla stagione
successiva e nove nell’ultima stagione con la maglia del Bayern – mentre i
compagni di reparto (Luca Toni e Miroslav Klose, ma anche Frank Ribéry) ne segnavano
il doppio – campionato dopo campionato.
Inevitabile
che lo spazio per Lukas Podolski finisse col ridursi, quando poi il nuovo
manager Louis van Gaal ha prelevato Arjen Robben dal Real Madrid, per il
tedesco è tempo di fare i bagagli e tornare a Colonia – dov’è sempre stato la
stella indiscussa e l’attaccante di riferimento.
Tornato a casa
e lontano dalla pressione di un grande Club, Lukas Podolski ritrova la vena
realizzativa – ad eccezione di una pessima prima stagione – che ne aveva
contraddistinto gli esordi; nonostante i suoi 31 gol in 62 partite, il Colonia
finisce per retrocedere e per il tedesco arriva la seconda opportunità nel
calcio che conta: Arsène Wenger lo preleva per una decina di milioni, Lukas
Podolski è protagonista di una buona stagione d’esordio per poi – lentamente ma
inesorabilmente – scompare dai radar, finendo spesso in panchina.
Come spiegare
questa tendenza?
In primis
credo che l’incomprensione sia tattica; Lukas Podoski è un attaccante, però
Ottmar Hitzfeld, Joachim Löw, Jürgen Klinsmann e Arsène Wenger lo hanno tutti
utilizzato principalmente da esterno sinistro; lontano dalla porta – con in più
compiti difensivi da sbrigare – Lukas Podolski diventa virtualmente inutile,
vista la sua scarsa capacità a dialogare coi compagni e l’assenza di qualsiasi abilità
nel saltare l’avversario; nell’unica squadra che gli ha permesso di giocare nei
pressi dell’area di rigore, a fianco di un centravanti più potente, Lukas
Podolski ha dato il meglio di sé.
Da centravanti
solitario, il suo impatto è invece pressoché nullo.
Ai miei occhi,
Lukas Podolski sarebbe potuto essere un’ottima ala sinistra, se solo avesse
mantenuto la stessa voglia e lo stesso spirito mostrati durante la prima parte
della prima stagione; non è facile stabilire se la panchina è arrivata perché
la voglia non era più la stessa o se la voglia è svanita per le troppe
panchine, però se il tedesco avesse giocato più spesso con la stessa cattiveria
messa in campo poche settimane fa a casa del Galatasaray, oggi sarebbe un
giocatore molto diverso (e migliore) di quanto non sia; il Bayern Monaco
probabilmente non lo avrebbe ceduto e – fosse comunque arrivato all’Arsenal –
di certo non sarebbe diventato una figura periferica.
Per quanto mi
riguarda, non posso parlare di rimpianti nel vedere Lukas Podolski partire – se
non nei confronti del giocatore stesso; con Alexis Sanchez, Theo Walcott, Danny
Welbeck,Alex Oxlade-Chamberlain e Joel Campbell a disposizione, di giocatori esterni
capaci di cambiare una partita ne abbiamo in gran numero – mentre a 29 anni
Lukas Podolski potrebbe aver perso l’ultimo treno buono per svoltare una
carriera altrimenti incompleta.
Per quanti
trofei abbia potuto alzare al cielo, sono pochi quelli vinti da protagonista.
Auguro a Poldi
di ritrovare sé stesso a Milano (e ovunque vada in seguito), chissà che ritmi
più blandi e pressioni meno forti non lo aiutino.
Credo che la squadra tedesca in corsa fosse stato il "suo" Colonia, dal momento che il Wolfsburg aveva deciso di mollare dopo il mercato estivo. Detto questo, a me Podolski non ha mai convinto, dando l'impressione di uno che gioca "per farti un piacere", un peccato! Io l'ho sempre visto come una seconda punta, libero di svariare dietro al centravanti, e non è un caso che nelle sue stagioni più brillanti, quelle a Colonia, giocasse proprio in quel ruolo. Podolski è il grande incompiuto del calcio tedesco dell'ultimo ventennio.
RispondiEliminaPurtroppo si, ed è un peccato perché il suo piede sinistro ce l'hanno in pochi. Buona fortuna a lui, chissà che in Serie A...
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