
Un altro
pareggio, con questa per i Gunners fanno
cinque partite consecutive senza vittoria nel North London Derby – una striscia che inizia a diventare poco
piacevole ma che non coincide minimamente con la narrativa scelta da molti tabloid inglesi e giornali sportivi
europei, ovvero quella di un Tottenham ormai bestia nera dell’Arsenal:
innanzitutto delle ultime cinque sfide, quattro sono finite in parità; poi,
andando al di là degli ultimi cinque incontri, l’Arsenal resta su due sole
sconfitte interne in 25 partite disputate tra Highbury e l’Emirates Stadium,
mentre i Gunners hanno violato White
Hart Lane ben cinque volte in 24 partite – vincendo tra l’altro il campionato
in due occasioni a casa dei cugini.
I poveri Spurs stanno innegabilmente migliorando,
tuttavia siamo lontanissimi dal famoso power
shift di cui si nutre la stampa.
Sembra la
scoperta del millennio in Premier League, la rivoluzione tattica di maggior
rilievo dopo il celebre MW di Hebert Chapman ed invece basterebbe che s’informassero
per imparare che, al di fuori dalla Premier League, la difesa è tre è prassi da
almeno mezzo secolo.
Ad essere
pignoli, poi, quella schierata dal Tottenham era una difesa a cinque, una
muraglia che, fosse stata messa in atto da Pulis o magari Mourinho, avrebbe
fatto gridare allo scandalo.
Tre centrali
di difesa, due terzini e perfino un bel mediano di rottura dai piedi quadrati –Wanyama
– per essere sicuri di impedire all’Arsenal di giocare a calcio.
Missione
compiuta e senza troppi affanni, purtroppo, perché i Gunners non hanno saputo trovare la chiave per rompere l’organizzazione
avversaria; presi nella rete costruita dall’ex tecnico del Southampton, gli
uomini di Arsène Wenger si sono persi a rincorrere i corridori avversari
anziché rallentare i ritmi e controllare l’andamento della partita, complice l’assenza
dell’unico vero regista che abbiamo in rosa, Santi Cazorla.
Difficile
rivaleggiare con il Tottenham quando si tratta di agonismo, avremmo dovuto
probabilmente far circolare il pallone con più pazienza e cercare i varchi che –
inevitabilmente – gli avversari avrebbero lasciato.
Troppo facile
parlare col senno di poi, meglio quindi concentrarsi sugli aspetti positivi di
un pareggio che lascia l’amaro in bocca.
Nacho Monreal e Granit Xhaka sono
sicuramente tra questi: lo spagnolo è tornato titolare dopo l’infortunio e
salvato il risultato con una chiusura all’ultimo respiro su Kane, mentre lo
svizzero ha recuperato tantissimi palloni e permesso a Francis Coquelin prima e
Aaron Ramsey poi di lanciarsi alla caccia del pallone in territorio
avversario.
Qualcuno dice
che non si è imposto abbastanza in costruzione, che non ha inciso a sufficienza
nel rompere il pressing avversario ma a mio modesto parere Granit Xhaka è stato il
migliore dei nostri, l’unico in grado di eludere la pressione di Son e Eriksen
e servire i compagni sulla trequarti.
Bene Hector Bellerín sulla fascia destra, anche se deve continuare a lavorare
sull’ultimo passaggio, e Francis Coquelin, sempre aggressivo e dinamico in
mediana.
Purtroppo le
note positive finiscono qui, a livello individuale, con Skhodran Mustafi autore
della prima prestazione insufficiente da quando veste la nostra maglia, Laurent Koscielny meno sicuro del solito e i vari Mesut Özil, Alexis Sánchez, Theo Walcott e Alex Iwobi incapaci di
lasciare il segno – con quest’ultimo colpevolmente impreciso durante il primo
tempo.
È mancata un
po’ di calma e direi anche un po’ di brillantezza, complice la partita di martedì
in Bulgaria, ed è un peccato che i subentranti Aaron Ramsey, Olivier Giroud e Alex Oxlade-Chamberlain non abbiano saputo
cambiare minimatamene il corso della contesa, proprio loro che hanno le qualità
fisiche, tecniche e mentali per decidere una partita.
Bando ai
rimpianti e a ciò che sarebbe potuto essere e non è stato, gli Spurs ci hanno costretti al pareggio e
non hanno rubato nulla, anzi: il palo colpito da Eriksen su punizione e lo
scivolone di Petr Čech avrebbero potuto avere conseguenze
ben più nefaste e, chissà, qualche anno fa forse una partita così l’avremmo
pure persa.
Avanti con la
prossima partita quindi, la vetta della Premier League è a portata di mano e i
prossimi dieci giorni – occupati dalle partite delle nazionali – serviranno a
ricaricare le pile in vista della trasferta ad Old Trafford.
Nonostante il pareggio, London is red and will always be!
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