Non so voi,
però io sono rimasto esterrefatto dalla sproporzionata caccia alle streghe
generata dal secondo cartellino rosso rimediato da Granit Xhaka, dopo quello
subìto contro lo Swansea City dell’allora manager Bob Bradley.
Non bastassero
le espulsioni, Granit Xhaka è finito al centro delle polemiche per una presunta
frase razzista rivolta ad un membro del personale dell’aeroporto di Heathrow –
caso poi smontatosi da solo nelle ore successive al presunto fattaccio.
Non per
sminuire la condotta di Granit Xhaka né i due cartellini rossi ricevuti, però i
due falli che hanno portato alla squalifica dello svizzero possono essere
definiti come precipitosi, incauti, ingenui ma di certo non come violenti; in
nessuno dei due casi c’era volontà di fare male, però l’eccessiva platealità –
nel caso della prima espulsione – e l’eccessiva foga in occasione del rosso
rimediato contro il Burnley hanno portato alle conseguenze che conosciamo, a
differenza di quanto accaduto a Marcos Rojo del Manchester United contro Everton e Crystal Palace.
In entrambi i
casi, il difensore argentino se l’è cavata con un cartellino giallo e una
tirata d’orecchie dalla stampa.
Dopo Granit
Xhaka, è stato il turno di Arsène Wenger di finire dietro la lavagna: sempre
durante la partita contro il Burnley, il manager è stato espulso per aver
insultato l’arbitro – lo ha chiamato fucking
cheat, fottuto imbroglione, cosa
smentita però dal manager – e ha poi spintonato il quarto uomo, reo di volerlo
allontanare anche dal tunnel, oltre che dall’area tecnica.
Squalifica
sacrosanta, non fosse per il fatto che Alan Pardew – allora manager del
Newcastle United – aveva ricevuto due sole giornate di squalifica per un
episodio simile, quando aveva spintonato il guardalinee.
Lasciando pure
perdere i termini sopra le righe di tabloid e opinionisti nei confronti di
Arsène Wenger e Granit Xhaka, verrebbe da pensare che – quando si tratta di
Arsenal – non valgano esattamente le stesse regole.
Due pesi, due
misure? Ebbene, così sia.
Questo Arsenal
sporco e cattivo mi piace, e parecchio.
Dopo anni di
prese in giro e risatine alle spalle di un Arsenal troppo ingenuo e morbido, è
bello vedere che oggi è molto più rischioso provocare i Gunners: quest’anno tra
campo e panchina ci sono Laurent Koscielny, Shkodran Mustafi, Francis Coquelin,
Granit Xhaka, Lucas Pérez e Gabriel, tutta gente con la quale non conviene
buttarla in rissa.
Se un tempo
Mathieu Flamini si trovava solo nella battaglia, oggi il contingente di Gunners
che sappiano farsi rispettare è molto più ampio.
Non sono qui
ad incitare alla violenza o niente del genere, però questo astio malcelato nei
confronti dell’Arsenal mi sembra un segnale forte, una conferma di quanto il
gruppo di giocatori attualmente a disposizione di Arsène Wenger sia composto da
uomini, non più da ragazzini.
I tempi dell’Arsenal
vittima del bullismo di Bolton, Wigan, Stoke, Chelsea e Manchester United è
cambiato, cari avversari.
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