Chiunque abbia
visto le foto del tallone d’Achille di Santi Cazorla si sarà chiesto come
faccia l’asturiano a sorridere ancora.
Otto
operazioni, un’infezione che ha quasi portato all’amputazione del piede, quattro
anni senza giocare con regolarità e oltre un anno senza mettere piede in campo –
il tutto per un banalissimo colpo ricevuto durante un’amichevole tra Spagna e
Cile.
Come ha detto
Arsène Wenger, dietro quel sorriso solare e quell’aria spensierata si cela un
uomo con una forza d’animo inimmaginabile e una determinazione senza paragoni;
a quasi 33 anni, Santi Cazorla non si arrende ad un calvario che gli è costato
otto centimetri di tendine – eroso da tre distinti batteri, tutti molto
aggressivi – e che lo costringe a proseguire la riabilitazione a Salamanca,
lontano dalla famiglia.
Potrebbe
gettare la spugna e mettere fine alla propria carriera, dopotutto qualcuno dei
medici che lo ha curato gli ha detto che potrebbe ritenersi soddisfatto se
potrà camminare e giocare con Enzo, il secondogenito, eppure non molla e vuole
tornare in campo al più presto; due volte campione d’Europa con la Spagna nel
2008 e nel 2012, Santi Cazorla ha messo in bacheca anche tre F.A. Cup e
altrettanti Community Shield – un palmarès che non vale quello di Messi o
Cristiano Ronaldo ma che permetterebbe comunque all’ex giocatore di Villarreal
e Málaga di guardarsi indietro e ritenersi soddisfatto di una carriera
decollata relativamente tardi, nel 2008.
Invece Santi
Cazorla vuole tornare in campo nel 2018 e riprendersi la squadra di cui è guida
e trascinatore, anche se silenzioso; non sarà quel compagno di squadra che urla
e gesticola, ma quando il pallone scotta davvero, è a lui che viene recapitato.
L’estate scorsa, mentre la stampa parlava dello stato di forma di Alexis
Sánchez e Mesut Özil e dei rispettivi contratti, Arsène Wenger rimpiangeva l’ultimo
infortunio dello spagnolo, rimediato contro il Ludogorets, che “ci ha privati
del nostro miglior giocatore”.
Non sono
parole spese a caso, quelle del manager francese, sempre molto acuto nelle
proprie osservazioni: non c’è valore di mercato, stipendio, reputazione o
palmarès che tenga, è sempre il campo a parlare e sul campo non esiste
giocatore più importante di Santi Cazorla, all’Arsenal.
Senza il suo
controllo di palla e la sua agilità negli spazi stretti, l’Arsenal è un’altra
squadra: macchinosa, in difficoltà nelle transizioni dalla difesa all’attacco e
perennemente in sofferenza quando viene aggredita, finisce sistematicamente col
perdere il pallone in zone pericolose o regalarlo agli avversari quando invece
servirebbe rifiatare.
Granit Xhaka,
Francis Coquelin, Mohamed Elneny, Aaron Ramsey e Jack Wilshere non hanno le
qualità per interpretare il ruolo di Santi Cazorla, un’ala che è diventata un
trequartista eccezionale e un regista sopraffino, nonostante un corpo che
dovrebbe vederlo annientato dalla fisicità e dalla forza bruta del
centrocampista standard della Premier League inglese.
Santi Cazorla
se ne frega dei suoi 165 centimetri, approfitta del suo baricentro basso e di
due piedi fatati, che guidano il pallone oltre gli orchi che popolano la
Premier League.
A memoria non
ricordo di aver visto un altro giocatore ambidestro quanto Santi Cazorla, una
qualità che lo rende unico nel panorama calcistico europeo; ciò detto, Arsène
Wenger è stato un folle a non trovare contromisure all’assenza dello spagnolo
che, per la natura degli infortuni subìti e per l’età che avanza, non può più
essere considerato l’elemento chiave attorno al quale immaginare tutta una
squadra.
Vedere Santi
Cazorla giocare è un piacere che ci è stato negato per tanto tempo e del quale
potremmo non godere più, purtroppo; è un’ipotesi dolorosa ma tutt’altro che remota
e farsi trovare impreparati sarebbe imperdonabile.
Spero
ovviamente di sbagliarmi e spero veramente di vedere Santi Cazorla regolarmente
in campo già da gennaio, quando il calvario che ha vissuto l’asturiano sarà
solo un brutto ricordo, però la mia parte razionale mi dice che Santi Cazorla
non potrà più essere il fulcro della squadra, né il regista onnipresente che
aveva l’abitudine di essere.
Sarà l’uomo
delle partite importanti, il veterano da chiamare in causa quando le situazioni
diventano bollenti ma non sarà più il primo nome che Arsène Wenger scriverà
sulla lista dei convocati ogni sabato, giovedì e domenica.
Un po’ come
successo a Dennis Bergkamp con José Antonio Reyes e Robin van Persie, Santi
Cazorla sarà il mentore, il maestro che aiuta la nuova generazione a farsi avanti.
Il vero
problema sarà trovare un degno erede a Santiago Cazorla González, cosa che
Arsène Wenger ha ostinatamente rifiutato di fare, fino a qui.
Per tutto
quello fatto da quando veste la maglia dell’Arsenal, gracias
Per tutto quel
che farà per il Club prima di ritirarsi, gracias.
Per il gol in
finale di F.A. Cup contro l’Hull City, gracias.
Per la
prestazione mostruosa a casa del Manchester City, gracias.
Per i quattro
assist in una sola partita, contro il Wigan, gracias.
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