Ieri sera
abbiamo vinto a fatica contro il modesto Blackpool, venuto all’Emirates Stadium
per difendersi ad oltranza e provare a colpire in contropiede, grazie ai gol
del veterano Stephan Lichtsteiner e del giovane Emile Smith-Rowe.
Una
prestazione poco convincente sotto tanti aspetti ma non del tutto sorprendente,
vista la formazione titolare scelta da Unai Emery; resta il fatto che abbiamo
faticato molto più del dovuto contro una squadra di due categorie inferiori
alla nostra, soprattutto nel creare gioco e occasioni da gol.
In assenza di
Granit Xhaka, Mesut Özil e Héctor Bellerín, i tre attori principali negli
schemi d’attacco di Unai Emery, era lecito aspettarsi una vera presa di posizione
da parte di Henrikh Mkhitaryan, il più esperto e abile tra i centrocampisti
messi in campo dallo spagnolo; l’armeno ha però deluso le attese, restando una
figura periferica per tutti e novantasei i minuti, e così a prendere in mano la
manovra dell’Arsenal ci ha pensato Mattéo Guendouzi – sempre più rivelazione
dell’anno.
Il francese, diciannove anni e una manciata di presenza in Ligue 2 prima di approdare all’Arsenal, ha diretto il centrocampo e fornito l’assist per il gol d’apertura di Stephan Lichtsteiner – prima di rimediare un’espulsione tanto fiscale quanto evitabile.
Mentre un
trequartista passato da Borussia Dortmund e Manchester United faticava a
trovare spazi, Mattéo Guendouzi toccava palloni su palloni – sprecandone
pochissimi; mentre un centrocampista con entrate salariali da superstar non
trovava lo spunto per innescare gli attaccanti, Mattéo Guendouzi pescava l’inserimento
di Stephan Lichtsteiner con precisione chirurgica.
Dire che
Mattéo Guendouzi ha stupito tutti non rende l’idea dell’impatto che sta avendo
l’ex giocatore del Lorient, soprattutto se confrontiamo il suo rendimento con
le attese createsi attorno a coetanei quali Ainsley Maitland-Niles, Reiss
Nelson o Eddie Nketiah: il trio inglese non ha ancora trovato né continuità d’impiego
né di rendimento, pur godendo di grande stima sia all’interno che all’esterno
del Club, mentre il giovane francese ha già ampiamente dimostrato di poter
aspirare ad un posto da titolare nel centrocampo di una delle squadre di punta
della Premier League.
In meno di tre
mesi, Mattéo Guendouzi ha nettamente scavalcato sia Mohamed Elneny che Aaron
Ramsey nelle gerarchie di Unai Emery e si gioca un posto da titolare con Granit
Xhaka e Lucas Torreira, un’ascesa impossibile da prevedere quando l’Arsenal ne
ha annunciato l’arrivo.
Il punto non è
sminuire i nostri tre prodotti di Hale End ma piuttosto chiedersi perché, in
una serata come quella di ieri, ad essere protagonista è un ragazzino di 19
anni e non un ventinovenne con oltre 40 presenze in Champions League – pagato attorno
ai dieci milioni annui per portare creatività e assist alla squadra.
Non è la prima
volta che Henrikh Mkhitaryan sparisce dal campo quando dovrebbe invece
trascinare i compagni, è lecito chiedersi come mai l’armeno sembri giocare bene
(anche se solo a sprazzi) solo nel ruolo di attore non protagonista; un
giocatore della sua esperienza e delle sue qualità deve incidere di più e
soprattutto mostrare il cammino ai vari Emile Smith-Rowe, Alex Iwobi e Reiss
Nelson (quando tornerà dal prestito).
In un momento
finanziariamente difficile per l’Arsenal, che vedrà partire Aaron Ramsey, Danny
Welbeck e Petr Čech a parametro zero, è indispensabile valutare quali sono i
giocatori che meritano un investimento monetario e quali invece potrebbero portare
ossigeno alle casse della società, tramite una cessione a titolo definitivo.
A quasi trent’anni
e con uno stipendio da fuoriclasse, Henrikh Mkhitaryan rischia di finire la sua
avventura all’Arsenal molto prima di quanto tutti noi immaginassimo, per fare
posto a giocatori più giovani, più affamati e soprattutto meno cari – a meno di
un cambiamento radicale nel rendimento.
In tre mesi
Mattéo Guendouzi si è costruito una carriera all’Arsenal, a Henrikh Mkhitaryan
ne restano due per salvare la sua.
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