NdA: questo articolo è stato pubblicato per la prima volta su GunnersTown il 28 Settembre; ve lo ripropongo, tradotto in italiano, perchè purtroppo è ancora tremendamente d'attualità...
Unai Emery deve andarsene.
Non si tratta di uno di quei deliri
rabbiosi post-sconfitta ma una conclusione alla quale sono arrivato dopo lunga
riflessione.
Ho volontariamente ritardato la
pubblicazione di questo pezzo fino a dopo la partita di Carabao Cup contro il
Nottingham Forest, per evitare che fosse collegato alla laboriosa vittoria
contro l’Aston Villa in Premier League.
Ho sostenuto a lungo Unai Emery ma ora non trovo più nessuna buona ragione per giustificare la sua permanenza sulla nostra panchina, semplicemente perché i conti non tornano: lo scollamento tra quel che dice e la realtà diventa sempre più ampio e non trovo nessuna coerenza; non vedo quale sia il piano, non vedo in che direzione stiamo andando, non riesco a capire quale sia la visione d’insieme.
Quel che non capisco è cosa voglia
ottenere Unai Emery: potrei capire le difficoltà se stesse cercando
d’impiantare un sistema di gioco e una filosofia ma non sopporto il caos nel
quale ci troviamo al momento. Questa sarebbe la prima domanda che farei a Unai
Emery, se avessi la possibilità di intervistarlo: qual è il tuo piano per
l’Arsenal, Unai?
Quando ho iniziato a giocare a calcio
avevo quattro anni e mi sono goduto ogni momento, fino a quando ho smesso, che
fosse nel prato davanti a casa o su qualche campo spelacchiato di periferia; ho
amato il calcio prima che l’Arsenal entrasse nella mia vita e voglio quindi
godermi il calcio, mentre tifo Arsenal. Voglio vedere una filosofia di gioco,
qualsiasi essa sia, quando i ragazzi in rosso e bianco scendo in campo ma al momento
non vedo nulla del genere.
Qual è il tuo piano per l’Arsenal, Unai?
Quando è stato presentato alla stampa
come il nuovo allenatore dell’Arsenal, gli è stato chiesto quali fossero le
caratteristiche di una squadra di Unai Emery e come pensa debbano giocare. Ecco
la sua risposta, parola per parola:
“Con personalità. Personalità i tutti
i minuti della partita: protagonisti. Mi piace il possesso palla, mi piace un
buon pressing contro la squadra avversaria. Preferisco vincere 5-4 che 1-0.”
Dov’è tutto questo, Unai?
Che si giochi in casa o in trasferta,
contro una concorrente diretta o un avversario che lotta per non retrocedere,
cediamo regolarmente il possesso palla e ci abbassiamo, per colpire in
contropiede; non pressiamo gli avversari e diventiamo passivi, anziché essere protagonisti.
Siamo agli antipodi dei suoi stessi
princìpi, della sua idea di gioco e trovo quindi impossibile sostenere che non
crede nelle proprie idee.
E pensare che i primi segnali erano
stati così incoraggianti! La squadra provava diligentemente a uscire palla a
terra, nonostante le evidenti difficoltà, a suggerire l’idea che ci fosse un
piano ben preciso sul quale lavorare; abbiamo assistito a qualche scelta
coraggiosa, tante sostituzioni tatticamente astute e sembrava di vedere
cos’avesse in testa l’allenatore.
Il cambiamento sembrava netto e
palpabile, un atteggiamente nuovo che portava a credere nel progetto.
Il suo modo di gestire la rosa era
piuttosto chiaro: se la prestazione è all’altezza sei confermato; se non rendi,
sei sostituito - a prescindere dal nome, dallo stipendio o dallo status. Un
cambiamento più che benvenuto ma che non è durato.
Pian piano, con la serie
d’imbattibilità arrivata inevitabilmente ad esaurimento, siamo diventati sempre
più passivi e difensivi e ci siamo affidati unicamente a Pierre-Emerick
Aubameyang e Alexandre Lacazette, sperando che inventassero qualcosa per
decidere le partite. In un goffo tentativo di portare a casa risultati
nell’immediato, Unai Emery ha mollato tutti i suoi ideali e schierato una
difesa a tre, affollato il centrocampo e fatto di Sead Kolašinac il solo sfogo
offensivo, dalla sua posizione di tornante sinistro.
Ha quasi funzionato, tra l’altro, ma
alla fine la ruota ha girato e le sconfitte indecorose contro Everton, Wolves,
Leicester e Crystal Palace - sommate al pareggio contro il Brighton - ci sono
costate il quarto posto. Il percorso è stato leggermente migliore in Europa
League ma ricordiamo tutti benissimo com’è finita a Baku e quanto quella notte
sia stata dolorosa e umiliante.
A questo punto stavo ancora dalla
parte di Unai Emery, perché in fondo quella non era ancora la sua squadra ed
aveva completato la prima stagione all’Arsenal, in un campionato sconosciuto;
dategli tempo, dicevo, lasciate che possa costruire una squadra più sua e
vediamo che succede.
Non l’ha fatto, purtroppo. Sembra che
la prima stagione sia stata interamente sprecata, invece di essere un percorso
di apprendimento; ho immaginato che avrebbe analizzato i suoi giocatori, tratto
le conclusioni, detto al Club quali fossero i bisogni primari e acquistato i
giocatori necessari ad implementare la sua filosofia di gioco.
Sfortunatamente, nonostante una delle
finestre di mercato più eccitanti degli ultimi anni, la squadra è ancora senza
identità e senza idee, con giocatori regolarmente fuori ruolo e confusione
tattica. La squadra oggi è nettamente superiore a quella dell’anno scorso ma non
c’è segno di miglioramento in campo, per ora: siamo ancora eccessivamente
prudenti nell’approccio, non siamo migliorati in fase difensiva e non creiamo
granchè in attacco.
Se Unai Emery avesse in testa di
chiudersi in difesa e colpire in contropiede, non ci sarebbe problema; non è il
calcio che prediligo ma almeno saprei che c’è un piano, capirei cosa vuole
l’allenatore.
Il problema è che non vedo niente del
genere, vedo formazioni che cambiano senza sosta, un turnover massiccio e un
allenatore che appare perso.
Se ci fosse un piano, un’idea, un
tentativo di costruire una strategia specifica, allora potrei difendere Unai
Emery e continuare a stare dalla sua parte finché questo piano non è pienamente
assorbito dai giocatori ma non vedo nulla del genere; gli concedo di aver
migliorato i risultati negli scontri diretti e di aver dato fiducia a qualche
giovane talento come Mattéo Guendouzi e Joe Willock ma i complimenti finiscono
qui.
La sensazione più profonda è che il
Club nell’insieme stia progredendo molto velocemente ma che la squadra non
riesca a seguire, rallentata da un allenatore che è sempre più spesso al centro
delle critiche per la mancanza di sostanza dietro le sue dichiarazioni; è
arrivato sorprendendo tutti con il suo acume tattico, l’attenzione maniacale
per i dettagli, la conoscenza profonda dei giocatori della prima squadra e del
vivaio, le sue chiavette USB e i video, il suo buon livello di inglese e il suo
piano per farci tornare protagonisti.
Oggi Unai Emery si è fatto
sorprendere dal pressing alto del Burnley all’Emirates Stadium, si è visto
soverchiare tatticamente dal Watford, che aveva appena cambiato allenatore,
viene criticato perché la squadra continua a commettere i soliti errori e
continuiamo ad avere difficoltà a capire quel che dice durante le conferenze
stampa - mentre lentamente si trasforma in un meme vivente con il suo good ebening.
Ciò che sento è il suono dello stallo
totale; prima ci lasciamo alle spalle Unai Emery, meglio sarà.
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