“Dopo
essermi preso un po’ di tempo per riflettere su quanto successo domenica
pomeriggio, vorrei darvi una spiegazione piuttosto che una risposta veloce.
Ciò che è successo al momento della mia
sostituzione mi ha toccato profondamente. Amo questo Club è do sempre il 100%
sia in campo che fuori.
La sensazione di non essere capito dai tifosi, e
i continui insulti allo stadio e sui social delle ultime settimane e negli
ultimi mesi mi hanno ferito profondamente.
La gente ha detto cose come “Ti spaccheremo le gambe”,
“uccideremo tua moglie” e “spero che a tua figlia venga il cancro”
Tutto ciò si è accumulato e ho raggiunto il punto
di saturazione quando ho percepito una sensazione di rigetto da parte dello
stadio, domenica.
In questa circostanza ho perso il controllo e ho
reagito in maniera irrispettosa verso il gruppo di tifosi che supporta il
nostro club, la squadra e me stesso con energia positiva. Non era mia
intenzione e sono dispiaciuto se questo è ciò che la gente ha capito.
La mia speranza è che ci torni ad un rapporto di
rispetto reciproco, ricordando il motivo per il quale ci siamo innamorati di
questo gioco, prima di tutto.
Andiamo avanti in modo positivo insieme.”
Granit
Insomma, un po’ tiepidino come
messaggio di scuse e/o spiegazioni.
Da un carattere passionale come
quello di Granit Xhaka mi aspettavo qualcosa di più sanguigno e schietto,
anziché l’ennesimo comunicato scialbo farcito di non-scuse (mi dispiace se
avete capito male…)
C’è una cosa in particolare che mi
non mi convince, nel comunicato di Granit Xhaka, ovvero l’amalgama che lo
svizzero fa tra i criminali che sui che sui social scrivono orrori come quelli
di cui sopra e coloro i quali, allo stadio, hanno sarcasticamente festeggiato
l’apparire sul suo numero 34 sulla lavagnetta del quarto uomo.
Se
cominciamo a pensare che i fenomeni da social rappresentino la realtà dei
tifosi all’Emirates Stadium, allora non ci siamo: non c’è nessuna ragione che giustifichi la sua reazione
in campo e mettere nello stesso pentolone gli estremisti da tastiera e il
pubblico dell’Emirates Stadium significa aver perso la rotta.
Domenica all’Emirates Stadium un
gruppo abbastanza ridotto di tifosi ha esultato alla sostituzione di Granit
Xhaka il quale, per quanto arrabbiato, avrebbe dovuto raggiungere il bordo campo
quanto prima e sedersi con i compagni, anziché camminare in maniera
ostentatamente lenta e rispondere ai tifosi, attirandosi ancora più fischi.
Quando
la tua squadra si è fatta recuperare due gol in casa e sta provando a tornare
in vantaggio, tutto ciò che un giocatore sostituito deve fare è evitare di far
perdere tempo ai propri compagni;
un capitano come si deve avrebbe scattato verso la panchina e incoraggiato il
compagno pronto a subentrare, anziché creare un clima di tensione e rabbia
sugli spalti.
Ricordo distintamente un episodio,
quando ancora abitavo a Parma e andavo allo stadio Tardini a vedere giocare il
Parma: la squadra di casa stava cercando di recuperare un risultato e ad un
certo punto l’allenatore di allora (Malesani? Ulivieri?) ha sostituito Luigi
Sartor con un compagno e quest’ultimo, autore fino a lì di una prova incolore,
ha sprintato verso la panchina, prendendosi gli applausi di tutto lo stadio.
Come Granit Xhaka e tutti i
calciatori di questa Terra, qualsiasi sia il livello, Luigi Sartor era
sicuramente arrabbiato per la sostituzione ma ha avuto la freddezza di pensare
alla squadra, ai compagni e ai tifosi, prima che a sé stesso, e per questo si è
preso l’ovazione dei suoi tifosi.
Granit Xhaka invece ha gettato a
terra la fascia di capitano, provocato i tifosi, li ha mandati apertamente a
quel paese ed è uscito dal campo sfilandosi la maglia, prima di andare dritto
nello spogliatoio.
Un
comportamento che necessita una punizione esemplare, anche perché tenuto da capitano della squadra, e che
non può essere mandato in archivio con un insipido post su Instagram.
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