Perdonate il momento di debolezza
ma devo conferssarvi - e confessare a me stesso - che mi manca Arsène Wenger.
Anzi,
mi manca UN Arsène Wenger.
Delle tante cose che mi mancano in questo momento, e mi riferisco ovviamente all’Arsenal, ciò che mi manca di più è senza dubbio la voglia di veder giocare la squadra; sono giunto ad un punto nel quale guardare l’Arsenal di Unai Emery è un dovere, più che un piacere - una sorta d’obbligo morale che mi spinge a continuare a guardare uno spettacolo triste.
Sarà che ormai sono parecchi anni
che segui questo strano Club e che ne ho viste anche di peggiori ma mai come
ora mi sento svuotato dell’entusiasmo che naturalmente dovrebbe accompagnare
ogni tifoso.
Non si tratta di vincere partite,
campionati, trofei - si tratta di godersi il momento: di partite brutte ne ho
viste anche troppe, di giocatori al limite del presentabile me ne ricordo tanti
eppure, quando arrivava il weekend o una partita infrasettimanale, ecco che
tornavano le farfalle nello stomaco.
Tolto l’ultimo anno e mezzo,
periodo trasformatosi in un’agonia - non mi è mai successo di contemplare
l’idea di non guardare una partita, con Arsène Wenger in panchina. Pur non
essendo l’unico manager che ho visto sedersi sulla nostra panchina, l’alsaziano
è stato una figura di riferimento per il mio legame con il Club e il calcio
proposto durante almeno quindici dei ventidue anni passati in panchina è stato semplicemente
meraviglioso.
Ci sono state delusione cocenti,
scelte tattiche inspiegabili, errori ripetuti all’infinito ma anche alcune
certezze, ora spazzate via da Unai Emery: ci si divertiva, soprattutto quando
si giocava in casa, mentre ora non ci si diverte più.
Oggi all’Emirates Stadium arrivano
l’Aston Villa, il Bournemouth, il Crystal Palace, i Wolves, il Vitória e si
vince soffrendo - quando si vince.
Mi manca la volontà - folle, a
volte - di mettere in campo più giocatori tecnici e offensivi possibile e
vedere che succede; mi manca il messaggio chiave “andate là fuori e giocate il
calcio che vi piace”; mi mancano i gol corali, mi mancano le folate offensive
senza guardarsi le spalle; mi manca il principio cardine di volersela giocare
sempre, di essere protagonisti - per usare una parola cara a Unai Emery.
Curiosamente, sono le stesse cose
che mi hanno fatto più infuriare in assoluto ma, dal momento che sembro essere
obbligato a scegliere tra il pragmatismo
dogmatico di Unai Emery e l’idealismo dissennato di Arsène Wenger, posso dirvi
che scelgo senz’altro l’idealismo.
L’idea, quando è finita l’era di
Arsène Wenger, era quella di modernizzare il Club, la squadra, i metodi di
allenamento e il modo di giocare della squadra, proiettando l’Arsenal nel XXI
secolo; quell’agonia di un anno e mezzo di cui ho parlato sarebbe dovuta
finire, sarebbe dovuta appartenere al passato ed essere vista come un brutto
capitolo di una storia altrimenti bellissima - ed invece si è prolungata ancora
e ancora.
I pochi segni di rinnovamento e
speranza d’inizio stagione, l’anno scorso, sono svanite presto e ora ci
troviamo in un ambiente cupo e pieno d’incertezze.
Mi manca Arsène Wenger perché mi
manca un calcio positivo e propositivo, al centro del quale ci sono i giocatori
con i piedi buoni e la testa alta, anziché un interesse maniacale nel limitare
l’avversario e provare a segnare, se capita l’occasione buona.
Sono più che disposto a sacrificare
una parte di quell’ideale se serve ad avere qualche palpitazione in meno e assicurare
una vita più lunga e serena alle mie coronarie, ma non sono disposto a
sacrificare tutto ciò che mi ha avvicinato all’Arsenal senza avere nulla in
cambio - come succede oggi.
Mi manca Arsène Wenger e vorrei
tanto che il Club ne cercasse un altro, là fuori: un visionario, un esteta, un rivoluzionario come quel professore
sbarcato dal Giappone nel 1996, che possa trasmettere qualcosa di forte dalla
panchina - non quell’impiegato statale che siede oggi sulla nostra
panchina, la cui unica rivoluzione ha riguardato i propri denti.
A me è mancato da subito! Gli ideali ed i principi fanno la differenza. Proporre se stessi, mai limitare gli altri! Se solo penso al gol di Wilshere contro il Norwich...In tanti si lamentavano della pochezza di ambizione (qualificazione champions league!), adesso è un sogno...un utopia centrarla a Maggio! Tenendo fede al proprio pensiero, al proprio credo e solo con le proprie forze, dal 2006 in quanti hanno costruito uno stadio, giocato un bel calcio e raggiunto l'obiettivo vendendo anche i calciatori pi forti in rosa? Se il pensiero va a prima del 2006...beh lasciamo stare! Tutti in piedi ad applaudire.
RispondiEliminaSarebbe difficile riassumere meglio di quanto hai fatto tu!
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