Ci sono vittorie schiaccianti, vittorie rubate, vittorie
sofferte e poi ci sono vittorie che possiamo definire professionali.
Delle prime ne
abbiamo viste poche negli ultimi mesi, delle seconde altrettanto, delle terze
fin troppe, mentre delle ultime - quelle che di solito sono accompagnate da
commenti tipo “è così che fanno le grandi squadre” o “le squadre vincenti si
vedono in occasioni come queste” - non ne ricordo alcuna, da tempo immemore.
Per questo il modo
in cui abbiamo espugnato lo stadio dell’Olympiacos è stato ancora più
impressionante e soddisfacente; al netto di un inizio difficile, ampiamente
prevedibile visto il contesto, abbiamo tenuto in mano la partita dall’inizio
alla fine e corso pochissimi pericoli su un campo molto più duro di quanto la
qualità dell’avversario suggerisca: prima di noi, solo il Bayern Monaco era
riuscito a vincere al Geōrgios Karaiskakīs e nessuno ne era uscito con la porta
inviolata.
Non dimentichiamo
che lo abbiamo fatto senza i nostri due giocatori più creativi - Mesut Özil e
Nicolas Pépé - e che la formazione mandata in campo da Mikel Arteta includeva
quattro giocatori U21, uno dei quali è risultato nuovamente decisivo.
C’è ancora tanto
lavoro da fare a livello offensivo, con la manovra apparsa troppo macchinosa e
prevedibile, ma se confrontiamo questa prestazione con una qualsiasi delle
trasferte affrontate negli ultimi diciotto mesi, la differenza è abissale.
Non parlo tanto di
risultati ma piuttosto di autorità e modo di stare in campo: non siamo più la
squadra arrogante che prova ad imporre il proprio gioco ovunque e comunque,
anche quando non ne ha le capacità, e non siamo più nemmeno il gruppo di
giocatori terrorizzato e rinchiuso nella propria metà campo ad aspettare
l’inevitabile, ineluttabile sconfitta.
Un anno fa, circa,
abbiamo perso uno a zero a casa del BATE Borisov, squadra ferma da oltre un
mese a causa della sosta invernale; oggi, abbiamo vinto in maniera cinica e
matura a casa dell’Olympiacos imbattuto in campionato e più che ostico per ogni
avversario arrivato ad Atene.
Torniamo dalla
Grecia con un buon vantaggio in chiave qualificazione e soprattutto con il
terzo clean-sheet consecutivo - il
quinto nelle ultime nove uscite stagionali - e la sensazione che questa squadra
non sia più tanto facile da battere, come succedeva invece fino a non troppo
tempo fa.
C’è un’idea di
gioco anche in fase di non possesso palla che non sia semplicemente arroccarsi
sulla trequarti e sperare; c’è una volontà di applicare certi meccanismi
difensivi e soprattutto la certezza della non-negoziabilità di certi valori -
senza i quali non si scende in campo.
Ammetto che Mikel
Arteta mi ha sorpreso per l’attenzione e la dedizione che ha messo e sta ancora
mettendo per rendere la difesa più solida e più affidabile; è un percorso
ancora lungo ma le prestazioni sono incoraggianti.
Non molto tempo da
Gary Neville aveva sostanzialmente assolto Unai Emery perché “giocatori come
David Luiz, Shkodran Mustafi e Sokratis non sono allenabili”, Mikel Arteta sta
dimostrando esattamente il contrario.
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