La prima sensazione che associo alla vittoria di ieri
pomeriggio contro l’Everton è orgoglio.
Dopo l’apnea degli
ultimi venti minuti e la soddisfazione per il risultato in sé, a restare è
proprio l’orgoglio.
Nonostante il gol
preso a freddo, nonostante il pareggio regalato sul finale del primo tempo e
nonostante le gambe e le menti affaticate dopo la terza partita in otto giorni,
usciamo vincitori da una sfida durissima contro una squadra, quella di
Ancelotti, che aveva perso una sola volta in undici partite.
Ci è voluta un po’
di fortuna, come accade spesso, ma ce la siamo cercata e meritata: dopo gli
autogol tragicomici e la serie infinita di infortuni che ha colpito la squadra,
sembra arrivata l’ora di raccogliere qualche soddisfazione.
Protagonisti di
questa vittoria, la seconda di fila in campionato, cosa che non succedeva da
inizio campionato, quando abbiamo sconfitto il Newcastle all’esordio e piegato
il Burnley la settimana successiva, sono stati Shkodran Mustafi, David Luiz,
Granit Xhaka e Mesut Özil, i quattro cavalieri dell’Apocalisse fino a tre mesi
fa.
Avessi chiesto
quali giocatori dovevano essere ceduti alla prima occasione, la quasi totalità
dei tifosi avrebbe dato la medesima risposta: Shkodran Mustafi, David Luiz,
Granit Xhaka e Mesut Özil.
L’avvento di Mikel
Arteta ha trasformato questi giocatori, anzi ad essere precisi ha trasformato
il modo di giocare dei medesimi - un dettaglio non da poco: né Shkodran
Mustafi, né David Luiz sono improvvisamente diventati i difensori impeccabili
che non saranno mai, semplicemente subiscono una pressione incredibilmente meno
intensa rispetto a quanto dovevano sopportare con Unai Emery e soprattutto
credono in quello che stanno facendo; lo stesso discorso vale per Granit Xhaka,
restituito ad un ruolo e ad una dimensione a lui più congeniali, e per Mesut
Özil, coccolato come ama essere e quindi
esponenzialmente più incline a lavorare per la squadra.
Non ci sono
pozioni magiche né miracoli di qualsiasi sorta ma una visione chiara, trasmessa
in maniera semplice ed efficace, alla quale i giocatori possono rispondere in
maniera positiva.
Inoltre, questo
cambiamento radicale ha contribuito a mettere a nudo tanti pregiudizi nei quali
noi tifosi galleggiamo, a volte senza nemmeno rendercene conto; una prestazione
sbagliata, o magari anche una serie di prestazioni sbagliate - com’è stato il
caso per i quattro giocatori citati - ed ecco che il giocatore nel suo insieme
è da buttare: vendere, svendere, regalare e comprarne un altro perché quel
singolo individuo è la causa di tutti i mali, suoi e della squadra.
È molto più facile
fare così piuttosto che mantenere un certo distacco e analizzare in maniera
obiettiva il contesto che ha portato all’errore o allo scarso momento di forma,
fortuna quindi che a guidare la squadra ci sia un allenatore capace di toccare
le corde giuste e instillare nuova fiducia nei propri uomini - anziché
abbandonarli al loro destino.
Non ho paura di
ammettere di essere stato tra quelli che avrebbero ceduto Shkodran Mustafi alla
prima occasione e posso dire di aver imparato la lezione: ora che serpeggiano i
primi dubbi circa Héctor Bellerín e Alexandre Lacazette, non entrerò nel merito
ma mi limiterò a sostenerli e convincermi che Mikel Arteta troverà la soluzione
affinché entrambi ritrovino lo smalto perduto.
Teniamoci stretto
l’orgoglio, lasciamo da parte i pregiudizi.
Avanti così, Gooners.
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